mercoledì, luglio 28, 2004

 
UN PENSIERO POLITICO NEO-SOCIALDEMOCRATICO
.................................................................................................................


La politica in Scandinavia ha affrontato il tema del rinnovamento del pensiero socialdemocratico con significative innovazioni nel settore delle politiche attive del mercato del lavoro, della riforma del welfare, della disciplina fiscale, delle politiche per la ricerca e lo sviluppo tecnologico.

Questo insieme di elementi si presenta come una filosofia politica coerente (che l'esperienza del New Labour inglese di Toni Blair e Anthony Giddens a sua volta ha ripreso e adattato). Altri elementi essenziali di questa visione sono la centralità riconosciuta all'imprenditorialità e all'impresa, la necessità di promuovere un'economia dinamica, l'importanza della flessibilità sui mercati del lavoro.

La traduzione di questi principi prevede, tra l'altro, la rinuncia a prestazioni passive a favore di crediti di imposta agganciati alla creazione di posti di lavoro, in una prospettiva che vede il superamento delle teorie tradizionali sul ruolo dello Stato (interventista in caso di fallimento del mercato). Lo Stato è richiesto invece di intervenire per migliorare l'efficienza dei mercati. Soprattutto allo scopo di creare posti di lavoro e di inserire individui nell'occupazione. Un paese con alti livelli di occupazione può con maggiore facilità liberare reddito da spendere produttivamente per la salute e l'istruzione. In Gran Bretagna lavora più del 75% della popolazione in età lavorativa, contro una media europea del 62%.

In termini generali, l'obiettivo è quello di combinare il dinamismo economico degli Usa alla tutela sociale caratteristica dell'Europa. Non si tratta di un'ambizione contraddittoria nella misura in cui le riforme economiche procedono di pari passo all'investimento tecnologico e ad una costante ristrutturazione del welfare.

martedì, luglio 27, 2004

 

CARLOS KLEIBER



Carlos Kleiber giace in Slovenia da una settimana. Da anni si era ritirato, dopo che peraltro aveva amministrato la sua carriera di direttore d'orchestra con una lunga sequenza di assenze e di rifiuti, costellata da alcuni fulminanti concerti.

Le sue incisioni sono una rarità, come i concerti. Suonava quando aveva bisogno di guadagnare, chiedendo cifre impossibili per tornare a nascondersi per lunghi periodi. Per coltivare il suo complesso nei confronti del padre, Erich, direttore celeberrimo, che pure il mito del figlio ha largamente superato.

E per dimenticare l'avanzare degli anni con amori sempre più giovani.

Maniacale per il desiderio lancinante di dare ad ogni nota il senso di una costruzione perfetta. Dibattuto di fronte alla constatazione che la perfezione purtroppo richiede una concentrazione che divora e non lascia spazio a null'altro.

domenica, luglio 25, 2004

 
LORCA
........................................................................................


The still waters of the water under a frond of stars
The still waters of your mouth under a thicket of kisses

Federico Garcia Lorca

sabato, luglio 24, 2004

 
YOSANO
...............................................

Now
thinking back
on the course of my passion
I was like one blind
unafraid of the dark

Oggi ripensando alla mia passione
ho capito che ero come un cieco
che non ha paura del buio

Akiko Yosano
1878-1942

venerdì, luglio 16, 2004

 
11-15 luglio 2004

TERRA DI GHIACCIO
...............................................


Cielo freddo, mare di ferro, terra nera di lava. L'Islanda e' un'isola che affila il viso. La luce come piacerebbe a lei: scava i contorni con precisione e restituisce la profondita' degli spazi.

Holar e' lontana da questa citta' dall'aspetto provvisorio. Rejkyavik ha tetti e facciate di lamiera ondulata che le danno un aspetto di frontiera, quasi fosse stata costruita ieri, tutta insieme, con i materiali sbarcati da una nave approdata qui per caso.

All'interno, verso est, lungo la grande faglia che allontana America e Eurasia. Le due placche si distanziano anno dopo anno e il magma sale per riempire il vuoto che la tettonica lascia lungo la diagonale che taglia l'isola da sud-ovest a nord-est. E' l'immagine fisica di una forza sotterranea che corruga, tende, stira quel che in apparenza e' solido e immobile. Non sempre quel che muta ama manifestarsi.

Nesjavellir: dentro il meccanismo della centrale geotermica che produce elettricita' e acqua calda per tutta l'area di Reykjavik. Tra chilometri di tubi lucenti e immacolati che scambiano caldo e freddo nel piu' perfetto silenzio. Sulla bocca di pozzi profondi che, da questa superficie, non fanno percepire quanto affondino tra le viscere bollenti di questa terra. Isola che nasconde la propria passione nelle profondita', lasciando il resto al vento.

La piana del parlamento e' spazzata dall'aria fredda. Lo sfondo e' una quinta di pietra alta come un palazzo. Davanti corsi d'acqua, pozze profonde, una antica cappella di legno, tracce di insediamenti che risalgono al tempo in cui (sono passati dodici secoli) il parlamento islandese si riuniva, legiferava, comminava pene capitali e le eseguiva sul posto.
C'e' un'aria carica di energia, di attesa, di eventi incombenti. Deve essere questa stessa aria che ha ispirato i primi islandesi a riunirsi in questo luogo per decidere il proprio futuro.

Ancora lava nera, fili d'erba radi e intensamente verdi, acqua dalle profondita' trasparenti. A breve distanza il grande lago, dalle sponde spoglie. Ha il colore di un ghiacciaio liquefatto.

Questi vichinghi. Vanno ma poi tornano, riportando a casa quel che hanno imparato. Non riescono a fare a meno dei loro climi, della luce del nord, delle abluzioni nelle piscine scoperte. Trovano la balena deliziosa. Guardano i campi di lava con amore. Rigurgitano una lingua antica. Si inventano quel che possono, con determinazione, per vincere l'isolamento. Amano apparire ruvidi, come i loro maglioni di lana. Non concedono nulla allo stile disegnato dei conquistatori danesi.

venerdì, luglio 09, 2004

 
Nulla die sine linea (Plinio)
...............................................

mercoledì, luglio 07, 2004

 
26.06.04

HK
................................................


Anche se ormai dovrei essere abituato, l'alba arriva all'improvviso, come un urlo di luce bianca. Il caldo arriva subito, feroce. Scotta addosso l'aria salmastra.

Il traghetto che attraversa la baia muove appena l'aria. Attraversiamo l'isola fino ad Aberdeen, il porto delle imbarcazioni da pesca. Insenatura stretta e lunga, sull'altro lato dell'isola. Ai due lati colline verdi, in basso una fascia di condomini di trenta o quaranta piani contorna le rive del braccio di mare che penetra all'interno dell'isola.

Tra le due sponde una citta' galleggiante. Prima i pescherecci, tutti verdi con gli argani rossi. Poi il floating restaurant, con i tetti a pagoda e le finestre dorate. L'area degli yacht tirati a lucido e, li' dietro appena girata la prua, una flotta di sampan marcescenti che sorregge di tutto: materassi e catini, fornelli a gas, casse piene di masserizie, cani e bambini.

Piccoli sampan fanno la spola intermittente tra le rive e i quartieri della citta' galleggiante. Il traffico si infittisce dalle parti del mercato del pesce, dove centinaia di vasche contengono a fatica ogni genere di creatura marina, salvo le sirene.

Hong Kong non puo' crescere piu' di cosi'. Stretta fisicamente tra mare e colline, confinata su un piccolo arcipelago, si ammira, compiaciuta e sottilmente preoccupata, nelle superfici vetrate dei suoi edifici di design. Sospetta che il suo tempo sia finito, divorato dalla concorrenza della nuova Cina.

L'aria e' internazionale, con quella naturalezza un poco snob da ex colonia inglese. Quella, per intenderci, che ha fatto spazio nel centro della citta' ad un ippodromo dal tappeto erboso e verde come i campi di Wimbledon. O che ha popolato le pendici della collina di Victoria Peak con condomini eleganti, poggiati su spuntoni di roccia aggettanti sulla baia.

 
25.06.04

HONG KONG
...............................................


Arrivando con il buio ti vengono incontro migliaia di torri illuminate che occupano ogni angolo di terra emersa. Anse di buio segnano la presenza del mare. Sulla superficie si riflette un mondo verticale di vite anglo-cinesi. Da Kowloon l'isola di Hong Kong e' la linea dei grattacieli del distretto finanziario, sulle sfondo di colline ripide e nere.

Odore forte di mare. Fino alla soglia dei grandi alberghi dall'aria polare. Tutte le firme della moda allineate lungo strade londinesi. Poi, basta spostarsi di qualche blocco e si entra tra vicoli insonni dove si compra, si mangia, si frigge a tutte le ore.

Night market e' un chilometro di bancarelle che vendono vera paccottiglia falsa. In chioschi volanti dim sum vengono fatti lessare in grandi cappelliere di bambu'. Ovunque si ribellano gamberi, granchi e altri piccoli pesci ancora vivi, ansiosi di saltare in padelle ricolme di minaccioso olio nero.

Strade affollate fino a tardi, nell'umido di una notte gonfia di pioggia. Dalla vetrata della camera d'albergo la baia perde il suo odore, non il luccichio dell'acqua mossa dai battelli che collegano HK alla penisola.

martedì, luglio 06, 2004

 
24.06.04

SHENZHEN
...............................................


Tema: Shenzhen la citta' giardino.

Svolgimento: si prende ogni spazio libero tra orrendi casermoni di venti piani e si inframmezzano con autostrade, curatissimi micro-giardini e fazzoletti di prato all'inglese.

Pero' almeno qui il cielo si intravede e non grava su tutto la solita cappa di smog. C'è aria di mare.

In tema con lo spirito della citta' e' il nostro albergo. Purissimo stile veneziano nel mezzo di un parco divertimenti con giostre e monorotaia. La rincorsa degli americani e' nel meglio cosi' come nel peggio. Qui però il meglio si stenta a riconoscere.

Attorno migliaia di imprese, ettari di capannoni e dormitori. L'azienda che visitiamo applica un principio semplice nel suo arcaismo: perche' comprare una macchina utensile quando lo stesso lavoro puo' essere svolto da una quindicina di operaie che provengono dalle campagne del nord e dell'ovest, ad un costo inferiore? E' la celebrazione del lavoro umano come fonte di risparmio rispetto all'automazione: cose dell'altro mondo, appunto!

Per queste centinaia di operaie la vita è fatta di due o tre anni di lavoro senza sosta (e senza ritorno a casa), camerate da dieci letti, panni stesi davanti alla fabbrica, mensa e karaoke. Risparmiando abbastanza per ritornare al paese di origine, con qualche mezzo in più per sbarcare il lunario.

lunedì, luglio 05, 2004

 
23.06.04

SHANGHAI
...............................................


Aeroporto da ingegneri francesi.

Shanghai e' il vero set di Blade Runner. Fiera della vanita' architettonica contemporanea, immersa nella nebbia e in una pioggia impalpabile di soluzione salina. Da il meglio di se' con il buio, quando accende le luci delle insegne e degli skyscrapers. Luci eccessive, colorate, tra Tokyio e Las Vegas.

Di qua il Bund, di la' Pudong. Di qua le concessioni occidentali, con i loro edifici di inizio secolo oggi imbevuti di muffe e linee retro. Di fronte, al di la' del fiume, le ex-risaie hanno lasciato posto ad una urbanizzazione futuribile che pullula di grattacieli e pezzi unici di disegnatori visionari. In un reticolo di grandi assi viari e parchi verdi.

L'ambizione di ogni regime che si crede eterno (e, sopratutto, vuole essere creduto tale) sta nel dare ordine allo spazio, sovrapponendo la propria geometria allo spazio, che di per se' invece non avrebbe nessuna esigenza di farsi misurare (come si puo' definire il contrario di geometria? Perche' non esiste una parola per la geo-incommensurabilita'?).

Gli edifici vogliono stupire, ma sono troppi per riuscirci e troppo slegati uno rispetto all'altro. Solo la torre della tv ha una personalita' inconfondibile. La torre dell'Hotel Hyatt (400 e piu' metri) non ha punti di riferimento visivi e quasi si fatica a crederla cosi' alta.

La sede della Banca di Cina di Pei e' elegante nella trasformazione da base quadrata a vertice circolare. Ma e' costruita per popolare lo skyline: non ha rapporto con il resto.

Il fiume e' percorso da imbarcazioni di ogni taglia. Senza sosta, notte e giorno.L'aria pesa sulla pelle, umida. Gocce di sudore tropicale scorrono verso il fiume.

A tarda sera, con la citta' vuota, la via di Nanchino e' anonima come la strada commerciale di un centro tedesco. Le stanze thai di Face accolgono calde e cool una clientela di stranieri senza fissa dimora, che giocano a tessere una lega tra espatriati fondata sull'internazionale del cocktail e dell'abbordo facile.

Guardo ogni poltrona per cercare una traccia di Alessandra.

domenica, luglio 04, 2004

 
22.06.04

HARBIN
...............................................


Ad Harbin, in Manciuria.

La festa delle lanterne di ghiaccio, alla saldatura tra Russia e Cina.

Lanterne rosse per i ristoranti cinesi, lanterne blu per quelli russi.

Questo sulla carta. In realta' la citta' sprigiona lo stesso fascino di Gratosoglio, con in piu' la bellezza di una bancarella da fiera paesana, tutta luci e plastica a buon mercato. Il peggio della Cina e il peggio della Russia armoniosamente riuniti.

Solo le facce dei mongoli sono interessanti. Molto meno i festoni di fiori finti e le specchiere di plastica dorata.

I nuovi edifici hanno la grazia dei grattacieli stalinisti, ma con orgoglio architettonico cinese. L'idea e' quella di blocchi di cemento sormontati da tetti a pagoda.

In compenso il cielo e' tornato azzurro.
Ed il fiume ha il fascino dell'acqua che si fa strada nella steppa, senza fretta. E' largo, evasivo, pigro. Gli argini incerti, si nascondono dietro lingue di terra ed isolotti. In fondo alla strada principale e' una festa di barchette a remi. Si incrociano e si spintonano con virate giocose.

Le rive di questo fiume sono la parte della citta' piu' bella che abbia visto. All'alba sono gia' affollate di persone che passeggiano, corrono, respirano. Stamattina alle quattro la luce era gia' forte. Alle sette il caldo cominciava ad opprimere. Ma il lungofiume comunque brulicava.

Ieri sera abbiamo attraversato la citta' (otto milioni di abitanti: e noi dovremmo gemellarci con questo mostro?) per visitare la piu' recente delle loro glorie futuristiche: un centro espositivo-congressual-sportivo da 60 ettari coperti e svariate centinaia di tonnellate di vetro e acciaio. Occupa l'area di un vecchio aeroporto, nel mezzo della citta'. Incongruo e faraonico, al centro della Manciuria.

Le strade attorno sono illuminate con mille insegne colorate, ogni giardino o spartitraffico e' inondato di luci verdi. C'e' il sogno di Las Vegas dietro i volti della steppa di questi cinesi del nord.

sabato, luglio 03, 2004

 
21.06.04

BEI JING TER
...............................................


L’alba sale con fatica sulla città proibita. La foschia copre tutto. I tetti delle pagode si vedono a stento, come una leggera increspatura sull’orizzonte grigio. Mi sarei aspettato di essere svegliato dal traffico brulicante e invece niente . La città è ancora stranamente silenziosa. Si sveglia piano, mentre la guardo dalla finestra.

Il quartiere di Hohai. Le case cinesi guardano verso se stesse. Un muro le cinge, grandi quadrati senz'altra apertura che un portone ornato. Dentro le stanze (o piccole abitazioni) che si affacciano su un cortile. I diversi blocchi si incastrano uno nell'altro, divisi da minuscoli vicoli. Tutte ad un piano. In un disordine caotico. Dal portone esce ed entra di continuo gente, in un incessante brulichio.

Sulle sponde di uno dei laghi imperiali. Attraversa il quartiere una viuzza bordata di bancarelle che friggono ogni genere di cibo. Si sfiorano wok bollenti e una bicicletta basta, con il suo passaggio, a creare grumi di persone che vengono subito avvolte da nubi di vapori oleosi.

Inoltre da ricordare:

i militari di guardia agli ingressi degli edifici pubblici o dei monumenti, in posizione impettita, la stessa per tutti, braccia dritte lungo i fianchi e bacino in avanti. Innaturali come marionette.

venerdì, luglio 02, 2004

 
20.06.04

ANCORA BEI JING, CAPITALE DEL NORD
...............................................



La prima sera, cena imperiale sul lago alle spalle della città proibita. Cameriere manciurie e pietanze che alternano, secondo schemi sofisticati che ignoriamo con suprema leggerezza, colori, temperature, consistenza, materia. Combinazioni di opposti e contrari che dovrebbero ricordarci come l’equilibrio sia una regola da cui non ci si deve allontanare neppure nel cibo. Ricordi di un discorso lontano ed esotico, un'altra sera di anni prima, davanti al mare di Positano.

Il lago trasuda vapore caldo, che sale fino alla loggia della pagoda. Le rive sono buie. Attorno la città, scura, respira con rumori lontani.

giovedì, luglio 01, 2004

 
19.06.04

BEI JING
...............................................


Cielo di latte condensato.
Tutti i colori sono morti.
Nell'aria galleggia polvere.

Beijing si presenta cosi', sfocata e lattiginosa. Schiacciata da una cappa umida e opprimente.

Viali senza biciclette, tra ali di anonimi palazzi moderni. Anelli concentrici di strade che si chiudono su se stesse. Un cerchio dentro l'altro, puntati su un centro vuoto.

Tien An Men. La chiamano piazza, ma e' un vuoto deforme. Concepito per dare simmetria alle facciate del potere.
Ma perche' mai affacciarsi sul vuoto e' una metafora del potere?

Del resto non e' una trovata moderna. Basta traversare le porte della citta' proibita. Fino alla sala del trono, al luogo della suprema armonia: attraverso una teoria di cortili sterminati e vuoti. Procedendo per rarefazioni successive.

Nelle stanze dove il potere si manifesta, per contrasto con la serie dei vuoti, sprazzi di giallo, colore imperiale e colore della morte. Tra muri rossi all'esterno e pareti rosse di lacca all' interno.

In questo palazzo imperiale il disegno e' destrutturato: ciascuna stanze e' un edificio, una pagoda. Il palazzo, la citta', sono un equilibrio tra pieni e vuoti. Anzi, sono recinti e diaframmi successivi, che disegnano un percorso ascendente. Che si slancia verso l'alto con i tetti arricciati.

Fino al punto piu' alto della citta', da dove si domina un mare ondoso di pagode. (Anche se oggi, piu' che altro, il colpo d'occhio è sopra una selva di gru che segnalano i seimila cantieri di Pechino.

Tanta, troppa gente. Il senso di questa citta' proibita, che dovrebbe essere fatta di vuoti, e' stravolto.

Pan Jia Yuan: il giardino della casa di Pan. Mercato delle pulci e dell'artigianato. C'è un motivo per cui sono arrivato sin qui ed ha gli occhi profondi di una bambina curiosa:

This page is powered by Blogger. Isn't yours?