mercoledì, gennaio 17, 2007

 
Delhi ormai e' abitudine. Quasi non fanno più effetto caos, clacson, tuguri
sui marciapiedi, mucchi di stracci abbandonati che si rivelano persone
sdraiate ovunque capiti. I flyover nuovi ma gia' sbrecciati sono paesaggio
assimilato, come i threewheeler e i camion tata decorati come templi e
pieni di scritte a pennello.
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martedì, gennaio 16, 2007

 
INCURSIONE RISCHIOSA

BKK.
Il benvenuto al finger dice: lunga vita al re. Ma gli aerei colorati pronti a partire per le spiagge non tolgono al nuovo aeroporto il suo aspetto troppo grigio, pesante di cemento. Manca la luce che ci si aspetterebbe da queste parti.

Taxi rosa confetto, rosa porcellino, lungo stradoni di uscita che sperano in un futuro di ombra dagli alberelli appena piantati.Una squadra di ciambellani reali deve aver fatto piazza pulita per evitare all'occhio dello straniero l'offesa del disordine.

Il percorso verso la città ostenta ambizioni moderne e occidentali. Al ritorno, in un'alba ancora buia, capirò che molti dei palazzi più imponenti sono ospedali o cliniche. Al turismo sessuale la Thailandia ha affiancato il turismo ospedaliero.

Lungo il percorso penso ad ale, che ieri per evitare di incontrarmi seguiva questa strada in senso opposto al mio. Ale che prima che partissi ha fatto fatica a parlarmi. Ale, che è la sola ragione per cui sono qui.

Cappa grigia anche sul centro, dove arrivo sorvolando in autostrada quartieri che si chiamano Bang Qualcosa. L'autostrada si conficca dritta nel ventre della città e solo negli ultimi metri, prima di superare gli sbarramenti che proteggono l'albergo internazionale, si traversa una via abitata, giustamente stretta e caotica. La prima vista è su un gruppo di turisti "pelle chiara - calzoni corti" che beve birra al tavolo di un baretto sul marciapiede accanto a agenzie di viaggio, sarti e centri massaggio.

Il fiume, su cui mi affaccio, è vivo. Brulica di battelli sgarrupati che uniscono le rive. Eè un fiume che non divide. Lungo il quale, mentre lo percorro a bordo di un ferry che mi porta verso il centro in compagnia di una folla di thai affaccendati, scorrono in successione grandi alberghi, magioni scrostate, edifici pubblici, templi, qualche casa in legno su palafitte.

Il sole tramonta e sbarco vicino al recinto del grande palazzo. I primi passi sono tra un mondo di banchetti che potrebbero sfamare un paese. Frutta, fritti, dolci, braci sfrigolanti, scampi, miscugli misteriosi, forme commestibili, colori per lo stomaco. Come sono colorate incredibilmente le stupa tra cui mi aggiro, ora con la luce dei riflettori, che puntano un dito verso il cielo a partire da una base panciuta e tranquillizzante. Questi templi sono forme pure, da godere con lo sguardo. Non impegnano il pensiero. Rischiarano il presente indicando il cielo. Fanno sorridere.

Così come sorridono, e non capisco, le persone che incrocio per strada mentre cammino. Le vie che percorro fiancheggiano piccoli canali e si snodano tra botteghe, ora chiuse. Ma l'aria è familiare, come deve essere sempre, da tempo. Non sono qui per me ma per gli altri che qui vivono. A differenza di quell'incubo di strada dove arrivo nel mio girovagare, come sempre per cercare tracce di ale. Una via convenzionale per giovani turisti tutti uguali nel loro stile anticonformista. Un luna park dei back-packers così non me lo aspettavo. E torno intristito nel mio albergo condizionato, a considerare quanto facilmente a volte gli estremi si tocchino. Il resto della notte passa tra il letto e la finestra, aspettando l'alba e pensando a quando tornerò qui la prossima volta. O pensando, dovrei dire piuttosto, alla persona con cui vorrei essere qui la prossima volta.

 
THIMPHU'S SNOW

La prima neve dell’anno scende incerta su Thimphu. Domani, se al risveglio la città si troverà coperta da un manto bianco, sarà giornata di festa. Era dal primo pomeriggio che l’aria aveva preso a farsi grigia e pungente. I primi fiocchi sono scesi mentre attraversavo il cortile dello Dzong, cedendo il passo all’abate capo e vedendo il quinto re allontanarsi avvolto nella sua sciarpa d’oro.

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lunedì, gennaio 15, 2007

 
DAL BHUTAN

Namé samé kadin chhè.
Grazie oltre il cielo e oltre la terra.

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