giovedì, marzo 30, 2006

 

AIUTI ALLO SVILUPPO?

Nel 2004 le spese a livello mondiale per armamenti hanno raggiunto la cifra
di 975 miliardi di dollari, equivalenti al 2.6 % del Pil mondiale, ossia
162 dollari per ciascun abitante della terra. Le piu' recenti cifre
dell'Ocse stimano a 350 miliardi di dollari la cifra per sostenere
l'agricoltura, in particolare nei paesi industrializzati. Nello stesso
tempo l'aiuto globale per lo sviluppo, nel 2004, e' stato di circa 80
miliardi di dollari, ossia 14 volte in meno delle spese per armamenti e 4
volte meno delle spese per l'agricoltura. Secondo la Banca mondiale due
miliardi e settecento milioni di persone vivono con meno di due dollari al
giorno, ma ogni mucca europea riceve piu' di due dollari al giorno. Un
miliardo e quattrocento milioni di persone non hanno accesso all'acqua
potabile. Ottocento milioni di persone soffrono per malnutrizione grave. Ma
nello stesso tempo, il mondo non ha mai posseduto tanta ricchezza. Per la
prima volta nella storia abbiamo le risorse finanziarie e scientifiche per
porre fine alle insostenibili situazioni di poverta'. E tuttavia...


martedì, marzo 28, 2006

 

DRIVING FORCE

Il cambiamento climatico non e' piu' una minaccia vaga di un imprecisato
futuro. Quasi certamente e' gia' in atto e sta cambiando il clima. Nel
frattempo, forse ci stiamo avvicinando anche alla fine dell'era del
petrolio. Gli investimenti nelle tecnologie per l'ambiente saranno nel
futuro una delle forze trainanti della crescita economica.

Anthony Giddens


lunedì, marzo 27, 2006

 
SAPEVATE CHE PECHINO E' PIU' VICINA A LISBONA DI BRUXELLES?

La competizione scientifica è divenuta uno dei terreni su cui si gioca l’affermazione delle nuove potenze mondiali. Nei prossimi cinque anni l’India vedrà il suo settore biotecnologico crescere di cinque volte. Negli ultimi cinque anni la Cina ha triplicato le spese in R&D. Delle venti migliori università del mondo, oggi, solo due sono in Europa: mentre la Cina ha inserito per la prima volta in questa classifica due suoi atenei.

L’ultimo Science, Technology and Industry Scoreboard pubblicato nel 2005 dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), evidenzia come nel processo mondiale dell’innovazione stiano acquisendo un ruolo crescente i paesi non-membri OCSE (dunque le nazioni che non appartengono al tradizionale club delle grandi economie mondiali).
Oggi la Cina occupa il terzo posto come migliore R&D performer dietro a Stati Uniti e Giappone. Nel 2003 sempre la Cina era seconda al mondo per numero di ricercatori (863.000), dietro agli Stati Uniti (1.300.000) ma davanti al Giappone (675.000) e alla Federazione russa (487.000). E quel numero non ha cessato di crescere in questi ultimi anni: la rapida crescita delle retribuzioni dei ricercatori cinesi ha incoraggiato scienziati e tecnici di talento a rimanere nel paese, laddove nel passato sarebbero stati indotti a emigrare o a scegliersi una diversa occupazione. Quanto invece ai paesi membri OCSE, in questo stesso periodo si è registrata la tendenza sempre più vistosa alla delocalizzazione delle attività di ricerca.

L’offshoring delle attività di ricerca e sviluppo è diventato ormai una scelta abituale da parte delle multinazionali; ma ciò che più conta è che tale processo si sta gradualmente estendendo anche alle imprese di minori dimensioni, determinando uno spostamento ragguardevole, tanto in termini di risorse quanto per il significato che assume.

Ad aggravare questo quadro – sempre secondo i dati dello Scoreboard OCSE – va menzionata la caduta di interesse per gli studi scientifici nei paesi aderenti all’Organizzazione: solo uno studente su quattro nelle trenta nazioni OCSE sceglie materie scientifiche, con la conseguenza di una crescente immigrazione di talenti dai paesi non OCSE. In nazioni come l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda e la Svizzera la percentuale di immigranti tra i lavorati ad alta qualificazione tecnico-scientifica ha superato ormai il 30 per cento. Percentuale destinata ad aumentare, almeno fino a quando le condizioni salariali nei paesi di origine continueranno a rappresentare un deterrente alla valorizzazione di queste risorse al servizio dei propri paesi. Ma come mostrano il caso cinese e quello indiano, il miglioramento delle opportunità lavorative nelle realtà di provenienza mette immediatamente in mostra le proporzioni dello skill shortage nelle nazioni che oggi attraggono il flusso di immigranti intellettuali.

L’Unione europea produce meno laureati in materie scientifiche dell’India e, considerando i principali indicatori di innovazione (investimenti in R&D, numero di brevetti, diffusione delle ICT), non uno di questi indica la capacità del nostro continente di essere competitivo nei confronti dei paesi più dinamici. In questo quadro le dichiarazioni di Lisbona, secondo le quali entro il 2010 l’Europa sarebbe dovuta divenire “l’economia basata sula conoscenza più competitiva e dinamica al mondo, in grado di promuovere una crescita economica durevole, con opportunità di lavoro migliori e più numerose e con una più alta coesione sociale” appaiono descrivere una realtà sempre più difficile da raggiungere.

La verità è che la lezione dell’economia fondata sulla conoscenza è stata appresa (e soprattutto messa in atto) molto più rapidamente dai paesi non europei; cosicché le dichiarazioni di Lisbona hanno rappresentato le linee-guida dello sviluppo delle nazioni emergenti, più ancora che dei paesi membri dell’Unione.

Le strategie comunitarie di politica della ricerca - dalla definizione di un’”Area europea della ricerca” alla creazione di nuove agenzie sovranazionali come il “Consiglio europeo della ricerca” - se da un lato rappresentano il tentativo di reagire ad una situazione in cui l’Europa avverte di aver perso terreno rispetto agli Stati Uniti e alle nuove potenze asiatiche, dall’altro ancora non mostrano l’efficacia e la rapidità richieste dalla situazione. Soprattutto, prima ancora che queste strategie riescano a dimostrare la propria validità, già vengono avanzate proposte di nuovi strumenti (come nel caso della recente ipotesi di costituire un Istituto europeo di tecnologia) che si candidano ad occupare la scena senza che le risorse a disposizione siano incrementate e senza che un’analisi realistica della situazione affronti i problemi che impediscono alla ricerca europea di tradursi efficacemente in innovazione. Con la conseguenza talvolta di affidarsi ad interventi di ingegneria istituzionale che non fanno i conti fino in fondo con le ragioni del divario che separa l’Europa dalle realtà a più elevata capacità innovativa.

Il tema oggi è quindi quello di ripensare la strategia di Lisbona, forse in termini meno enfatici, collocandola entro un’analisi più aggiornata della realtà mondiale. Dunque, definendo i suoi obiettivi in funzione di una più attenta comprensione dei motivi che stanno portando l’Europa a reagire con ritardo alla sfida dell’innovazione.

martedì, marzo 21, 2006

 

DEFINIRE IL TERRORISMO


“Qualsiasi atto destinato a uccidere o ferire gravemente un
civile, o un'altra persona che non partecipa direttamente alle ostilita' in
una situazione di conflitto armato; quando, per sua natura o suo contesto,
questo atto mira a intimidire una popolazione o a costringere un governo o
un'organizzazione internazionale a compiere o ad astenersi dal compiere un
qualsiasi atto”

(Onu, Convenzione sulla repressione del finanziamento del
terrorismo, 9 dicembre 1999).


 

INDROMONTABILE


“Berlusconi e' il bugiardo piu' sincero che ci sia, e' il primo a credere
alle proprie menzogne. E' questo che lo rende cosi' pericoloso. Non ha
nessun pudore. Berlusconi non delude mai: quando ti aspetti che dica una
scempiaggine, la dice. Ha l'allergia alla verita', una voluttuosa
propensione alle menzogne”.

(Indro Montanelli, 2001)


domenica, marzo 19, 2006

 
QUESTO E' UN BUCO NERO



Tra le cause accertate: collasso di stelle, traslochi, perdite di umore cosmico.

sabato, marzo 18, 2006

 

ATTRAVERSO


“Non ci si libera di una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola”

(Cesare Pavese)


venerdì, marzo 17, 2006

 

CHANGEMENT

Be the change you want to see


giovedì, marzo 16, 2006

 

ALLA BASE

Guardando bene, la glaciale mancanza di passione è il peggior nemico di tutte le grandi costruzioni della retorica. Una nuova primavera potrà liberarci dalla morsa del ghiaccio?

mercoledì, marzo 15, 2006

 


ITALIA - GERMANIA


Questi anni di governo Berlusconi potevano almeno contribuire a far nascere anche in Italia una destra moderna, una visione conservatrice della realta' al passo con i tempi. Cosi' non e' stato. Anzi e' cresciuta ancor di piu' la distanza tra l'immagine che il capo ha cercato di comunicare, dinamica, in continuo movimento, quasi rivoluzionaria (almeno nelle dichiarazioni) e la realta' di un elettorato di centro-destra che resiste impaurito a qualsiasi cambiamento, immobile e impermeabile. Senza ambizioni politiche che abbiano spinto all'elaborazione di un modello, di una prospettiva culturale. Non un movimento sociale e culturale, ma piuttosto un blocco che dietro le doti comunicative del proprio leader non fa nulla per nascondere il vuoto di idee e di prospettive.


martedì, marzo 14, 2006

 
A SINISTRA, LA GLOBALIZZAZIONE


Davanti alla globalizzazione economica la sinistra soffre ovunque di schizofrenia, divisa com’è tra i suoi istinti egualitari in materia economica e le sue paure reazionarie sul piano culturale. La reazione populista e l’ambivalenza nei confronti della globalizzazione hanno diviso i progressisti in due schieramenti: i neoliberisti dell’ultima ora chiedono mercati senza frontiere (ma vorrebbero tenersi qualche rete di sicurezza), e i protezionisti sindacali vogliono un rafforzamento delle frontiere (senza abbandonare la retorica della fratellanza globale).

Nei referendum sulla Costituzione UE la politica della paura ha avuto il sopravvento sulla politica della speranza. Anziché rassegnarsi a un mondo dominato dalle forze di mercato e dalle multinazionali, che non controllano e non conoscono, molti cittadini europei preferiscono trincerarsi nelle loro vecchie comunità sovrane con cui si identificano.

Ma oggi la politica delle nazioni è definita dalle realtà dell’interdipendenza globale, come l’aids e l’influenza aviaria, il cambiamento climatico, la tecnologia, le regole dei mercati finanziari ed economici, il terrorismo. Non si può tornare indietro: l’interdipendenza è il nostro destino, anche se per ora ha risvolti soprattutto negativi.

La globalizzazione è vissuta come un deficit di democrazia, in quanto l’economia prevale sulla politica. Ma né gli ultraliberisti né gli ultranazionalisti offrono risposte democratiche alle sfide dell’interdipendenza. Manca un approccio costruttivo alla globalizzazione, che ne accetti l’inevitabilità ma lavori per trasformarla. Si tratta di globalizzare la democrazia o democratizzare la globalizzazione. E’ un compito della sinistra, in quanto la destra non ha di questi problemi, visto che il suo ideale è la libertà e non l’uguaglianza, la salvaguardia del profitto e non la garanzia della giustizia. La destra privilegia la libertà e la proprietà privata sull’uguaglianza e sulla giustizia, e preferisce lasciare al mercato il compito di bilanciarle.
Una nuova visione dell’interdipendenza deve portare i progressisti ad affrancarsi dalla incudine dell’anarchia dei mercati ultraliberisti e il martello del provincialismo ultranazionalista.

domenica, marzo 12, 2006

 
PERSUASION


Presidential power is the power to persuade. The hard part is inspiring and persuading. Bold statements and a forceful personality are not enough.

(Putnam)

sabato, marzo 11, 2006

 
LE LOBBIE




venerdì, marzo 10, 2006

 


LO SGUARDO SUL VIET NAM

La topografia indecifrabile della vecchia Hanoi; l'eleganza coloniale del suo quartiere francese; le strade che brulicano di gente dalla prima luce dell'alba.

L'allergia per il vecchio, l'antico, per tutto quel che richiama il passato. I motorini che ormai hanno sostituito le biciclette: e con la velocità spariscono anche i cappelli di paglia dei contadini, più consoni al ritmo della pedalata. Sulle motorette solo cappellini da baseball e foulard annodati stretti.

Case e mestieri insieme. Per ogni famiglia un negozio, un'attivita', un "business" come si chiama qui. Sul fronte della strada si commercia, sul retro si cucina e si dorme. Chi entra, partecipa degli odori e dei rumori della famiglia.

I giovani trascorrono il tempo chattando in internet, ovunque e sempre. Dove non si sentono cliccare vecchie tastiere, è il karaoke che impazza.

Mentre signore di mezza età e uomini dall'età indefinibile giocano in silenzio a badmington, con gesti ovattati, sui marciapiedi del quartiere francese.

In città le contadine si fanno strada nei vicoli sostenendo con naturalezza sulla spalla un bilanciere: i cesti appesi all'asta colmi di pane, frutta, dolci.

Mentre nelle periferie, dove citta e campagna non si distinguono, un odore acre riempe i polmoni. L'aria è piena del fumo di piccoli roghi dove si brucia di tutto, incessantemente. La città non lascia avanzi.

Più distante, il lungomare della baia di Ha Long gia' mostra tracce della futura devastazione. Gli hotel dei cinesi crescono a frotte di fronte ad un panorama che toglie il fiato.


 
UNIVERSALISMO GIACOBINO


Francois Furet diceva che i francesi sono stati a lungo un popolo abituato a veder l’universale nel loro particolare, e a leggere la storia del mondo in quella della loro nazione. Mito del carattere universale della civilizzazione depositaria e animatrice dei valori della rivoluzione francese come base dell’identità nazionale francese. Ancora oggi è forte il dibattito tra i difensori del centralismo repubblicano (ispirato da una concezione giacobina dello Stato, che sottintende quella di rivoluzione) ed i realisti, inclini ad accettarne un’evoluzione, al fine di adeguarlo al multiculturalismo imposto dalle masse degli immigrati provenienti dal Sud.

E’ il dibattito tra sostenitori dell’universalismo (e quindi dell’assimilazione alla francese) e quelli della differenza (ovvero del comunitarismo anglosassone).

giovedì, marzo 09, 2006

 
LA NORMALITA' DELLA FAME


Meno del 4% della popolazione mondiale può:

1. vantare un posto fisso,
2. un trattamento previdenziale adeguato
3. le fondamentali libertà politiche
4. leggere
5. contare su un reddito superiore ai 2 dollari al giorno

Le aspettative di una minoranza distorcono la realtà della maggioranza. Per noi è “normale” consumare tre pasti al giorno, camminare per strada senza paura, avere a disposizione acqua, elettricità, telefoni e trasporti pubblici. La realtà è diversa: non è affatto normale.

852 milioni di persone non consumano giornalmente pasti che forniscano l’apporto calorico necessario

1,6 miliardi di persone non hanno accesso all’energia elettrica.

30% della popolazione mondiale non ha mai fatto una telefonata.
246 milioni di bambini lavorano (un terzo sotto i 10 anni).
Il rischio di mortalità per parto nei pvs è 1 su 61, nei paesi ricchi 1 su 2800.

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