martedì, marzo 14, 2006

 
A SINISTRA, LA GLOBALIZZAZIONE


Davanti alla globalizzazione economica la sinistra soffre ovunque di schizofrenia, divisa com’è tra i suoi istinti egualitari in materia economica e le sue paure reazionarie sul piano culturale. La reazione populista e l’ambivalenza nei confronti della globalizzazione hanno diviso i progressisti in due schieramenti: i neoliberisti dell’ultima ora chiedono mercati senza frontiere (ma vorrebbero tenersi qualche rete di sicurezza), e i protezionisti sindacali vogliono un rafforzamento delle frontiere (senza abbandonare la retorica della fratellanza globale).

Nei referendum sulla Costituzione UE la politica della paura ha avuto il sopravvento sulla politica della speranza. Anziché rassegnarsi a un mondo dominato dalle forze di mercato e dalle multinazionali, che non controllano e non conoscono, molti cittadini europei preferiscono trincerarsi nelle loro vecchie comunità sovrane con cui si identificano.

Ma oggi la politica delle nazioni è definita dalle realtà dell’interdipendenza globale, come l’aids e l’influenza aviaria, il cambiamento climatico, la tecnologia, le regole dei mercati finanziari ed economici, il terrorismo. Non si può tornare indietro: l’interdipendenza è il nostro destino, anche se per ora ha risvolti soprattutto negativi.

La globalizzazione è vissuta come un deficit di democrazia, in quanto l’economia prevale sulla politica. Ma né gli ultraliberisti né gli ultranazionalisti offrono risposte democratiche alle sfide dell’interdipendenza. Manca un approccio costruttivo alla globalizzazione, che ne accetti l’inevitabilità ma lavori per trasformarla. Si tratta di globalizzare la democrazia o democratizzare la globalizzazione. E’ un compito della sinistra, in quanto la destra non ha di questi problemi, visto che il suo ideale è la libertà e non l’uguaglianza, la salvaguardia del profitto e non la garanzia della giustizia. La destra privilegia la libertà e la proprietà privata sull’uguaglianza e sulla giustizia, e preferisce lasciare al mercato il compito di bilanciarle.
Una nuova visione dell’interdipendenza deve portare i progressisti ad affrancarsi dalla incudine dell’anarchia dei mercati ultraliberisti e il martello del provincialismo ultranazionalista.

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