venerdì, luglio 16, 2004

 
11-15 luglio 2004

TERRA DI GHIACCIO
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Cielo freddo, mare di ferro, terra nera di lava. L'Islanda e' un'isola che affila il viso. La luce come piacerebbe a lei: scava i contorni con precisione e restituisce la profondita' degli spazi.

Holar e' lontana da questa citta' dall'aspetto provvisorio. Rejkyavik ha tetti e facciate di lamiera ondulata che le danno un aspetto di frontiera, quasi fosse stata costruita ieri, tutta insieme, con i materiali sbarcati da una nave approdata qui per caso.

All'interno, verso est, lungo la grande faglia che allontana America e Eurasia. Le due placche si distanziano anno dopo anno e il magma sale per riempire il vuoto che la tettonica lascia lungo la diagonale che taglia l'isola da sud-ovest a nord-est. E' l'immagine fisica di una forza sotterranea che corruga, tende, stira quel che in apparenza e' solido e immobile. Non sempre quel che muta ama manifestarsi.

Nesjavellir: dentro il meccanismo della centrale geotermica che produce elettricita' e acqua calda per tutta l'area di Reykjavik. Tra chilometri di tubi lucenti e immacolati che scambiano caldo e freddo nel piu' perfetto silenzio. Sulla bocca di pozzi profondi che, da questa superficie, non fanno percepire quanto affondino tra le viscere bollenti di questa terra. Isola che nasconde la propria passione nelle profondita', lasciando il resto al vento.

La piana del parlamento e' spazzata dall'aria fredda. Lo sfondo e' una quinta di pietra alta come un palazzo. Davanti corsi d'acqua, pozze profonde, una antica cappella di legno, tracce di insediamenti che risalgono al tempo in cui (sono passati dodici secoli) il parlamento islandese si riuniva, legiferava, comminava pene capitali e le eseguiva sul posto.
C'e' un'aria carica di energia, di attesa, di eventi incombenti. Deve essere questa stessa aria che ha ispirato i primi islandesi a riunirsi in questo luogo per decidere il proprio futuro.

Ancora lava nera, fili d'erba radi e intensamente verdi, acqua dalle profondita' trasparenti. A breve distanza il grande lago, dalle sponde spoglie. Ha il colore di un ghiacciaio liquefatto.

Questi vichinghi. Vanno ma poi tornano, riportando a casa quel che hanno imparato. Non riescono a fare a meno dei loro climi, della luce del nord, delle abluzioni nelle piscine scoperte. Trovano la balena deliziosa. Guardano i campi di lava con amore. Rigurgitano una lingua antica. Si inventano quel che possono, con determinazione, per vincere l'isolamento. Amano apparire ruvidi, come i loro maglioni di lana. Non concedono nulla allo stile disegnato dei conquistatori danesi.

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