sabato, luglio 03, 2004

 
21.06.04

BEI JING TER
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L’alba sale con fatica sulla città proibita. La foschia copre tutto. I tetti delle pagode si vedono a stento, come una leggera increspatura sull’orizzonte grigio. Mi sarei aspettato di essere svegliato dal traffico brulicante e invece niente . La città è ancora stranamente silenziosa. Si sveglia piano, mentre la guardo dalla finestra.

Il quartiere di Hohai. Le case cinesi guardano verso se stesse. Un muro le cinge, grandi quadrati senz'altra apertura che un portone ornato. Dentro le stanze (o piccole abitazioni) che si affacciano su un cortile. I diversi blocchi si incastrano uno nell'altro, divisi da minuscoli vicoli. Tutte ad un piano. In un disordine caotico. Dal portone esce ed entra di continuo gente, in un incessante brulichio.

Sulle sponde di uno dei laghi imperiali. Attraversa il quartiere una viuzza bordata di bancarelle che friggono ogni genere di cibo. Si sfiorano wok bollenti e una bicicletta basta, con il suo passaggio, a creare grumi di persone che vengono subito avvolte da nubi di vapori oleosi.

Inoltre da ricordare:

i militari di guardia agli ingressi degli edifici pubblici o dei monumenti, in posizione impettita, la stessa per tutti, braccia dritte lungo i fianchi e bacino in avanti. Innaturali come marionette.

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